PDF: testo-legalizzazione-paso-barocchio-1994
Torino, febbraio 1994
OPUSCOLO DI SVILUPPO DEL MANIFESTO CONTRO LA LEGALIZZAZIONE DEGLI SPAZI OCCUPATI
da El Paso Occupato e Barocchio Occupato
Tradotto in Spagnolo da: Resiste!
INTRODUZIONE: VIVRE LIBRES OU MOURIR
Il nostro sogno è vivere liberi, distruggere ogni forma di potere costituito ed ogni gerarchia che ne sono la negazione.
Per noi la libertà non può essere separata dal piacere. Siamo però disposti a sforzi titanici per realizzare libertà e piacere. Consapevoli che non esiste libertà nel sacrificio e nell’immolazione.
In questo senso l’esperienza più completa che oggi ci prendiamo il lusso di vivere è quella dell’autogestione cui fa spazio l’azione diretta, intesa come esperienza aperta, collettiva, estendibile, che se ne infischia dei recinti tracciati dallo Stato tra legalità e illegalità. L’occupazione degli spazi abbandonati riunisce queste prerogative ed apre la strada, nel modo più corretto, all’autogestione. Lo sviluppo dell’autogestione della nostra vita non è praticabile senza sovvertire l’esistente.
L’AUTOGESTlONE
é la forma di gestione dell’anarchia. II suo cuore pulsante.
Autogestione è la possibilità di stabilire secondo il principio della responsabilità individuale ed il metodo dell’unanimità (non certo quello – democratico – della maggioranza), le regole della propria esistenza.
Autogestione per offrirsi la possibilità di riunificare sfere separate dell’esperienza umana: pensiero e azione, attività manuale e attività intellettuale, per riconquistare quella completezza che ci è stata sottratta dalla specializzazione delle attività imposta dalla cultura del potere.
PERCHE’ L’AUTOGESTlONE E’ LA FORZA PRIMA DELL’OCCUPAZIONE ED E’ LA PREMESSA INDISPENSABILE ALLA SUA EVOLUZIONE IN SENSO SOVVERSIVO.
Fin dal lontano 1988 gli occupanti di El Paso scrivevano sul bollettino dei Centri Sociali che gli occupanti si ponevano come soggetti della loro azione, primi fruitori, primi ad averne soddisfazione.
L’occupazione parte dalla necessità di soddisfare bisogni reali di casa – spazio espressivo – socialità – non mercificazione – estraneità alle regole alienanti delle istituzioni.
Solo questo interesse diretto, il desiderio di concretizzare queste forti aspirazioni negate dà la forza agli occupanti di superare le fasi repressive, di passare di sgombero in sgombero, di denuncia in denuncia fino a riuscire ad aprirsi uno spazio ed iniziare realmente l’autogestione collettiva. E di sopportare le mille angherie del potere contro i posti occupati (controlli-irruzioni-nuove denunce).
II fatto che gli occupanti rivolgano egoisticamente prima di tutto verso di sé i risultati delle loro azioni e dell’autogestione è la migliore garanzia di genuinità del loro discorso. Chi vorrà fare altrettanto trova così già sperimentata una strada nuova. In questo modo senza dover rinunciarealla lotta politica o meglio alla lotta per la distruzione della politica, gli occupanti si negano come avanguardia militante staccata e si propongono come primi fruitori del loro operato, mettendosi in gioco personalmente.
La bontà del loro esperimento di vita e la carica sovversiva delle loro proposte si vedranno dagli esiti dell’autogestione dentro e fuori dagli squatt.
Gli occupanti personalmente coinvolti, non più soltanto sul piano dell’astrazione ideologica – come lo erano i militanti dei collettivi politici – avranno così mille buone ragioni per combattere a fondo per la realizzazione dei progetti autogestionari che li vedono protagonisti di un immediato miglioramento della qualità della loro vita dovuto alla riappropriazione di spazi di libertà sottratti dal potere.